Riprogrammato il calendario fiscale 2021

Il Decreto Sotegni bis riscrive il calendario fiscale.

Blocco per altri due mesi la notifica delle cartelle esattoriali e, automaticamente, spostamento a fine settembre del pagamento delle 18 rate di debiti fiscali e contributivi sospesi dall’8 marzo 2020; per le 4 rate della rottamazione ter si pagherà una volta al mese dal 31 luglio (2 agosto come giorno feriale) al 31 ottobre; si riaprono i termini fino al 15 novembre per la rivalutazione di quote e terreni; stop, infine, alla seconda rata dell’Imu per i proprietari di immobili bloccati dalla sospensione degli sfratti esecutivi ormai in vigore dal 28 febbraio 2020.

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AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

Cosa succede quando si desidera usufruire delle agevolazioni “prima casa” per l’acquisto di un immobile non di lusso destinato ad essere fuso con altro immobile, non di lusso, acquisito per successione (ex lege o testamentaria) prima del 21 novembre 2000.

Bisogna premettere che la Legge numero 342 del 21 novembre 2000, al suo articolo numero 69, ha esteso il regime fiscale definito “prima casa” anche alle successioni e donazioni. Prima di tale data l’agevolazione non era richiedibile.

Il caso di cui ci si occupa è quello in cui Tizio vuole acquistare un immobile (non di lusso) da fondere con l’immobile limitrofo per costituire una sola particella.

Orbene, qualora l’immobile già in possesso di Tizio fosse stato acquistato richiedendo le agevolazioni “prima casa” il problema non si sarebbe posto.

Caso diverso quando il primo immobile non viene acquistato utilizzato le agevolazioni.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 142E del 4 giugno 2009, ha chiarito che qualora la particella già in possesso dall’acquirente sia stata trasferita a seguito di successione prima dell’applicazione della Legge numero 342 del 21 novembre 2000, l’agevolazione vada riconosciuta anche in relazione alla fattispecie in esame, purché i due alloggi accorpati costituiscano un’abitazione unica rientrante nella tipologia degli alloggi non di lusso, in base alle prescrizioni recate dal decreto 2 agosto 1969.

L’atto del notaio rogante dovrà necessariamente evidenziare che l’acquirente ha mantenuto, ora come allora, il possesso di tutti i requisiti prescritti dalla Legge per la concessione delle agevolazioni richieste.

Avv. Pietro Saija

Superbonus più facile per i condomini (anche con condono in corso): la procedura per sanare gli abusi edilizi

Le novità: la proroga al 2023 e il via libera all’agevolazione anche per casa con condono in corso

Il prolungamento del Superbonus al 110% fino al 2023 non è presente nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma il premier Draghi parlando all’Aula il 27 aprile ha spiegato che la misura è tra i tasselli economici fondamentali per la ripresa del Paese e per questo va semplificato e prorogato, impegnandosi a inserire in legge di Bilancio le risorse per coprire fino a tutto il 2023.
I conti però si potranno fare, per quanto riguarda la manovra, solo a dicembre, cosa che potrebbe rallentare la misura nella seconda parte dell’anno. Ecco che allora i senatori del M5S in una nota congiunta spiegano di voler iniziare «a studiare dei percorsi alternativi rispetto alla manovra», perché ci sarebbe «lo spazio per individuare in altre sedi i fondi necessari per finanziare l’estensione».
Intanto, tocca al decreto legge sulle Semplificazioni, che il governo approverà a maggio per sostenere l’attuazione del Pnrr, dedicare un capitolo al Superbonus. Nella bozza si parla infatti di snellimento delle procedure e rendere più semplice l’accesso all’incentivo per i condomini che ne faranno richiesta con il ministero della Transizione ecologica che sostanzialmente dà semaforo verde anche a quelli che hanno in corso «domande di condono edilizio». L’obiettivo è di evitare che eventuali «irregolarità» riferibili a «una singola unità immobiliare» impediscano agli altri appartamenti di acquisire la certificazione di «stato legittimo» e accedere così al Superbonus. Qualora però la richiesta di sanatoria venisse successivamente respinta, si legge nella bozza, scatterebbe la revoca delle agevolazioni. Ma c’è di più: nella bozza del decreto Investimenti, approvato il 29 aprile dal Cdm, viene stabilito che i condomini possano usufruire del Superbonus per tutto il 2022 senza bisogno di aver completato almeno il 60% dei lavori entro giugno, così come era previsto finora.
Ma andiamo con ordine vediamo le novità e poi scopriamo come fare la sanatoria degli abusi edilizi e ottenere così l’agevolazione.

Superbonus anche a chi non ha completato i lavori al 60%.

Come detto, il Superbonus diventa più semplice per i condomini. La novità contenuta nella bozza del decreto Investimenti prevede che i condomini possano usufruire del Superbonus per tutto il 2022 senza bisogno di aver completato almeno il 60% dei lavori entro giugno, come era previsto fino a ora.

Superbonus anche per alberghi e pensioni

Tra le novità anche l’estenzione del Superbonus al 110% anche per altre classi di immobili prima non considerate, come alberghi e pensioni. La proposta messa a punto dal ministero prevede infatti di estendere l’ambito di applicazione del Superbonus anche agli interventi effettuati su immobili con classe catastale D/2, cioè «alberghi e pensioni».

Cosa sono gli abusi edilizi

Labuso edilizio non ancora sanato non è di per sé un impedimento all’ottenimento del Superbonus al 110%, l’agevolazione prevista dal decreto Rilancio che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (31 dicembre 2022 per i condomini, in attesa della conferma definitiva della proroga al 31 dicembre 2023), per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici e di installazione di impianti fotovoltaici e di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.
Come prima cosa, per poter iniziare i lavori di ristrutturazione e chiedere il Super bonus, bisogna incaricare un tecnico abilitato che avrà il compito di certificare mediante asseverazione di conformità urbanistica l’assenza di irregolarità presenti sull’immobile o, diversamente, la presenza di «difformità edilizie», quando cioè tra le planimetrie depositate presso Comune e Catasto e lo stato reale dell’immobile ci sono delle incongruenze. In caso di edifici antichi, queste possono esserci per l’approssimazione con la quale si disegnavano e si depositavano le planimetrie prima della Seconda guerra mondiale, ma in tutti gli altri casi sono il frutto di interventi non dichiarati di modifica della struttura, delle finestre, delle scale, se non addirittura una difformità originaria, ovvero quando l’opera è stata fin dall’inizio realizzata in assenza dell’autorizzazione della pubblica amministrazione o non rispettando il progetto depositato in Comune. In tutti questi casi siamo nei cosiddetti «abusi edilizi».

Come verificare se ci sono «difformità edilizie»

Per assicurarsi che vi sia corrispondenza tra immobile e titolo edilizio, il tecnico abilitato o lo stesso proprietario dell’immobile devono acquisire tutte le pratiche con le eventuali varianti in corso d’opera o successive alla costruzione, in virtù delle quali è stata a suo tempo autorizzata la realizzazione dell’edificio. I documenti si richiedono in copia conforme all’Ufficio tecnico del Comune in cui si trova l’immobile. Stessa cosa vale per il Catasto dove si devono chiedere le planimetrie depositate che verranno così confrontate con le autorizzazioni reperite in Comune. Se l’edificio è storico (ovvero, realizzato prima del 1945) potrebbero mancare le autorizzazioni. In questo caso sarà il tecnico incaricato a dover stilare una descrizione fedele dell’immobile.

La tolleranza del 2% sugli abusi edilizi

Nel caso di piccole difformità edilizie la procedura è piuttosto semplice. Stiamo parlando di spostamenti di pareti interne, l’apertura di una porta o la creazione di un nuovo bagno, insomma minimi cambiamenti di distanze, volumi, altezze e superfici per i quali è ammessa una tolleranza tra stato di fatto e progetto entro il limite del 2%. In questo caso è sufficiente che il professionista produca una «dichiarazione sostitutiva di atto notorio» che certifichi che la discordanza rispetta tale limite massimo per accedere al Superbonus. Il limite di abusivismo del 2% è stato fissato nel Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001) all’art. 49, comma 1, in cui si dice che “gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione”. Se si resta sal di sotto di questo tetto percentuale non si deve procedere alla sanatoria.

Come fare la sanatoria

Quando le difformità edilizie superano il tetto del 2%, allora si deve procedere con la richiesta di una sanatoria edilizia. In genere basta presentare in Comune una richiesta, che preveda il pagamento di una sanzione calcolata sull’entità dell’abuso. Questo permetterà di regolarizzare l’immobile. Ci sono però dei casi in cui l’abuso deve essere abbattuto, ripristinando la condizione originaria dell’immobile. Il Testo Unico Edilizia chiarisce all’art. 50 che “il rilascio del permesso in sanatoria, per le opere o le parti di opere abusivamente realizzate, produce automaticamente, qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni agevolative, la cessazione degli effetti dei provvedimenti di revoca o di decadenza previsti dall’articolo 49”. In sostanza, la procedura di “sanatoria” richiede la sussistenza delle condizioni che avrebbero determinato il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’opera. In presenza delle condizioni prescritte, l’autorizzazione ha efficacia retroattiva, cioè vengono meno gli impedimenti alla concessione dell’agevolazione fiscale. A questo punto si potrà procedere con la richiesta degli incentivi come il Superecobonus 110%.

Quando la sanatoria è in corso

Ma se l’iter della sanatoria non è concluso (come si sa, ci sono immobili oggetti di sanatoria le cui pratiche stazionano da tempo negli uffici comunali preposti) è possibile richiedere il Superecobonus? Il nuovo decreto Semplificazioni nella bozza viene di fatto a confermare quanto già detto dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici, che nel rispondere a un quesito aveva ammesso alla detrazione “anche gli immobili per i quali sia in corso la pratica di definizione, in sanatoria, fatta salva la restituzione delle detrazioni di cui si è usufruito, in caso di conclusione con esito negativo della pratica stessa”.

© corriere della sera.

Assegno di mantenimento spettante all’ex coniuge

La Suprema Corte di Cassazione (Cass. ord. n. 5932/21 del 4/03/2021) ha sancito (ancora una volta) che il riconoscimento  dell’assegno di mantenimento erogato all’ex coniuge e la misura dell’importo del suo ammontare, vengono condizionati dalle capacità di lavoro del coniuge separato o divorziato.

Nel caso in questione è emerso che una quarantottenne ex moglie, beneficiaria dell’assegno di mantenimento, aveva rifiutato di svolgere un lavoro, ritenendo che le proposte ricevute fossero “inadeguate” alla sua laurea in farmacia.

La Corte d’Appello le aveva dato ragione, ritenendo “svilente” che una persona laureata e che in precedenza aveva “goduto di un livello di vita invidiabile”, potesse essere “condannata al banco di mescita oppure a fare la badante”.

La Suprema Corte di Cassazione ha cambiato in modo netto il verdetto, accogliendo il ricorso dell’ex marito, che si opponeva alla prosecuzione del pagamento della somma, pari a 1.000 euro mensili, alla ex moglie,  mettendo in rilievo la circostanza di averle offerto “molteplici possibilità lavorative”, che le i aveva sempre rifiutato.

© https://www.diritto.it/suprema-corte-di-cassazione-alla-ex-moglie-laureata-non-spetta-ricevere-lassegno-di-mantenimento/

Trattamento fiscale sul trasferimento di proprietà della casa coniugale a seguito di accordo negoziale di separazione.

Ordinanza n. 4144, depositata il 17 febbraio 2021 della sezione tributaria della Corte di Cassazione.

L’ordinanza in questione ha stabilito il principio secondo cui è esente dall’imposta di registro il trasferimento della casa all’ex coniuge, effettuato in adempimento di accordi omologati dal tribunale in sede di regolamento dei rapporti patrimoniali di separazione consensuale.

Ciò che la Corte ritiene rilevante ai fini dell’applicazione di questa speciale disciplina, è che i soggetti siano “gli stessi coniugi che li hanno conclusi e non anche terzi”. Nell’ordinanza, gli ermellini richiamano la sentenza n. 13340 del 2016, nella quale Cassazione ha cristallizzato l’importante principio secondo il quale anche gli accordi che prevedano, nel contesto di una separazione tra coniugi, atti comportanti trasferimenti patrimoniali dall’uno all’altro coniuge o in favore dei figli, debbano essere ricondotti nell’ambito delle condizioni di separazione, di cui all’art., 711 comma 4 c.p.c. “in considerazione del carattere di negoziazione globale che la coppia in crisi attribuisce al momento della liquidazione del rapporto coniugale, attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati ‘contratti della crisi coniugale’, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi.


Tratto da: La casa coniugale trasferita con accordo di separazione omologato è esente dalle imposte
Autore: Avv. Francesca De Carlo.

© AvvocatoAndreani.it Risorse Legali.

5 criteri per l’assegnazione dell’assegno divorzile

Ai fini della liquidazione dell’assegno divorzile, deve essere posta
attenzione al criterio della formazione del patrimonio dell’altro
o di quello comune: l’eventuale squilibrio esistente tra gli ex
coniugi va messo in relazione con gli altri parametri di legge,
segnatamente al sacrificio delle aspettative professionali per
l’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, a nulla rilevando
la maggiore ricchezza della parte astrattamente onerata.
Cassazione, 452 del 13 gennaio 2021

No alla riduzione dell’assegno divorzile in base a una asserita
“potenzialità lavorativa” della ex moglie senza tener conto
delle aspettative da lei sacrificate, né dell’apporto dato alla
costituzione del patrimonio familiare. Lo squilibrio giustifica
l’assegno quando sia riconducibile alle scelte comuni e alla
definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle
aspettative di lavoro di uno dei due.
Cassazione, 3852 del 15 febbraio 2021

L’attribuzione dell’assegno divorzile richiede l’accertamento
dell’inadeguatezza dei mezzi del richiedente, cui si perviene
valutando comparativamente le condizioni economiche degli ex
coniugi, in considerazione del contributo fornito dal richiedente
al patrimonio e, soprattutto, tenendo conto delle aspettative
sacrificate. Se la Corte d’appello ha omesso queste valutazioni, si
impone un nuovo esame della questione.
Cassazione, 3853 del 15 febbraio 2021

Ben possono le relazioni investigative depositate da una
parte essere poste a base della decisione per escludere
l’assegno. Il giudice del merito ha ampiamente motivato la
sua decisione di non riconoscere il contributo, vista la piena
capacità lavorativa della richiedente desumibile dal rapporto
investigativo e in assenza della prova, a carico della
medesima, del contributo dato al patrimonio familiare.
Cassazione, 5077 del 25 febbraio 2021

Erra la Corte d’appello nell’affermare l’irrilevanza dell’obbligo
della ricerca di un lavoro da parte dell’ex coniuge che chiede
l’assegno; di più, nell’affermare come il profilo individuale della
richiedente non vada mortificato con possibili occupazioni
inadeguate, si viene a giustificare il rifiuto di un impiego non
esattamente adeguato al titolo di studio della richiedente,
conclusione da cassare quale principio errato.
Cassazione, 5932 del 4 marzo 2021

Articolo ALTALEX in materia di fondo patrimoniale

  • FAMIGLIA E SUCCESSIONI

Fondo patrimoniale: i beni sono sempre pignorabili?

L’esecuzione è inammissibile se i debiti sono contratti nell’esercizio dell’attività imprenditoriale (Cassazione, ordinanza n. 2904/2021)

Non è nella natura, contrattuale, legale o extracontrattuale, del debito contratto ma nella relazione esistente tra lo scopo dello stesso e i bisogni familiari che va ricercato il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento legittima l’esecuzione sui beni conferiti nel fondo patrimoniale.

L’ordinanza della Corte di cassazione n. 2904 del 8 febbraio 2021 (testo in calce) si sofferma su una delle questioni più dibattute in tema di fondo patrimoniale, quella cioè che vede a confronto le ragioni della famiglia, a cui presidio vige l’impignorabilità dei beni conferiti nel fondo, e quelle del ceto creditorio, volte a contrastare un uso distorto dell’istituto funzionale ad ostacolare l’esecuzione sui beni a destinazione vincolata, inserendosi nell’alveo di quel pensiero giurisprudenziale minoritario più recente che confuta la tradizionale lettura in senso ampio del concetto di bisogni della famiglia.

L’occasione della pronuncia è data alla Suprema Corte dall’iniziativa giudiziaria avviata da uno dei titolari del fondo patrimoniale colpito dall’azione esecutiva della banca creditrice nei suoi confronti di somme di denaro relative a fideiussione da questi prestate nell’ambito dell’attività imprenditoriale esercitata, vistosi respingere in primo grado la formulata opposizione alle esecuzione ex art. 615 c.p.c., e in secondo grado il gravame proposto avverso la pronuncia di rigetto dell’opposizione, sulla ritenuta inopponibilità alla creditrice procedente del conferimento in un fondo patrimoniale del bene oggetto di pignoramento (nella specie un appartamento con annesso garage).

Dopo aver ricordato che, a tutela del credito, contro la costituzione di un fondo patrimoniale ex art. 167 cod.civ. è ammessa l’azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c., “senza alcun discrimine circo lo scopo ulteriore da quest’ultimo (n.d.r. il debitore) avuto di mira nel compimento dell’atto dispositivo”, il supremo Collegio pone l’accento sul concetto di bisogni della famiglia al cui soddisfacimento sono vincolati i beni conferiti nel fondo patrimoniale, delineandone il contenuto.

Accogliendo la tesi che privilegia un concetto non restrittivo di bisogni della famiglia, tale da ricomprendere non solo le necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia ma tutto quanto risulti essere necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare e al suo miglioramento del benessere anche economico, la Corte osserva che perché un debito possa dirsi contratto per il soddisfacimento di bisogni familiari, e quindi dare luogo all’azione esecutiva sul fondo patrimoniale, è necessario che la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia.   

Qualità che, secondo il Collegio investito, non è presente nelle obbligazioni derivanti dall’attività imprenditoriale o professionale, che di norma risultano avere inerenza diretta ed immediata con le esigenze della medesima attività, potendo assolvere solo indirettamente ed in via mediata ai soddisfacimento dei bisogni familiari, se e nella misura in cui con i proventi della propria attività imprenditoriale o professionale il coniuge, in adempimento ai propri doveri ex art. 143 c.c., vi faccia fronte.

Sulla scorta di tali richiamati principi, la Suprema Sezione ha censurato la pronuncia della Corte di merito gravata per non averne fatto corretta applicazione, nella parte in cui ha, in particolare e di contro, ravvisato nei contratti di garanzia stipulati dal coniuge ricorrente, sulla base di mere presunzioni e lamentando un difetto di allegazione su una diversa fonte di sostentamento del nucleo familiare – in tal modo invertendo indebitamente l’onere probatorio a carico del debitore -, obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia.

In accoglimento delle ragioni attore, pertanto, la Corte di cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di merito, in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda, che non potrà prescindere dalla corretta applicazione dei richiamati e disattesi principi.

© https://www.altalex.com/documents/news/2021/02/19/fondo-patrimoniale-beni-sono-sempre-pignorabili

Covid-19, il Presidente Draghi firma il Dpcm 2 marzo 2021

2 Marzo 2021

Il Presidente Mario Draghi ha firmato oggi il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) che detta le misure di contrasto alla pandemia e di prevenzione del contagio da COVID-19.

Il DPCM sarà in vigore dal 6 marzo al 6 aprile 2021 e conferma, fino al 27 marzo, il divieto già in vigore di spostarsi tra regioni o province autonome diverse, con l’eccezione degli spostamenti dovuti a motivi di lavoro, salute o necessità.

Di seguito una sintesi delle principali novità e delle misure confermate.
 
ZONE BIANCHE

Nelle zone bianche, si prevede la cessazione delle misure restrittive previste per la zona gialla, pur continuando ad applicarsi le misure anti-contagio generali (come, per esempio, l’obbligo di indossare la mascherina e quello di mantenere le distanze interpersonali) e i protocolli di settore.
Restano sospesi gli eventi che comportano assembramenti (fiere, congressi, discoteche e pubblico negli stadi).
Si istituisce un “tavolo permanente” presso il Ministero della salute, con i rappresentanti delle regioni interessate, del Comitato tecnico-scientifico e dell’Istituto superiore di sanità, per monitorare gli effetti dell’allentamento delle misure e verificare la necessità di adottarne eventualmente ulteriori.
 
SCUOLA

Zone rosse – Dal 6 marzo, si prevede nelle zone rosse la sospensione dell’attività in presenza delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia ed elementari. Resta garantita la possibilità di svolgere attività in presenza per gli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.

Zone arancioni e gialle – I Presidenti delle regioni potranno disporre la sospensione dell’attività scolastica:

  1. nelle aree in cui abbiano adottato misure più stringenti per via della gravità delle varianti;
  2. nelle zone in cui vi siano più di 250 contagi ogni 100mila abitanti nell’arco di 7 giorni;
  3. nel caso di una eccezionale situazione di peggioramento del quadro epidemiologico.

 
MUSEI, TEATRI, CINEMA E IMPIANTI SPORTIVI

Nelle zone gialle si conferma la possibilità per i musei di aprire nei giorni infrasettimanali, garantendo un afflusso controllato. Dal 27 marzo, sempre nelle zone gialle, è prevista l’apertura anche il sabato e nei giorni festivi.

Dal 27 marzo, nelle zone gialle si prevede la possibilità di riaprire teatri e cinema, con posti a sedere preassegnati, nel rispetto delle norme di distanziamento. La capienza non potrà superare il 25% di quella massima, fino a 400 spettatori all’aperto e 200 al chiuso per ogni sala.

Restano chiusi palestre, piscine e impianti sciistici.

ATTIVITÀ COMMERCIALI

In tutte le zone è stato eliminato il divieto di asporto dopo le ore 18 per gli esercizi di commercio al dettaglio di bevande da non consumarsi sul posto.

SERVIZI ALLA PERSONA

Nelle zone rosse, saranno chiusi i servizi alla persona come parrucchieri, barbieri e centri estetici.

SPOSTAMENTI DA E PER L’ESTERO

Si amplia il novero dei Paesi interessati della sperimentazione dei voli cosiddetti “COVID tested”.

A chi è stato in Brasile nei 14 giorni precedenti è consentito l’ingresso in Italia anche per raggiungere domicilio, abitazione o residenza dei figli minori.

TAVOLO DI CONFRONTO CON LE REGIONI

È istituito un tavolo di confronto presso il Ministero della salute, con componenti in rappresentanza dell’Istituto superiore di sanità, delle regioni e delle province autonome, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del Comitato tecnico-scientifico, con il compito di procedere all’eventuale revisione o aggiornamento dei parametri per la valutazione del rischio epidemiologico, in considerazione anche delle nuove varianti.

Revocazione della Donazione

La revocazione della donazione è un’azione riservata al soggetto donante che, che a causa della ingratitudine o per sopravvenienza dei figli revoca la propria disposizione. L’azione può essere esperita o tramite una richiesta al Tribunale competente o attraverso un atto notarile a cui devono partecipare tutte donante, donatario ed eredi del primo.

L’articolo 800 del Codice Civile prevede due motivazioni : sopravvenienza di figli o ingratitudine.

ART. 801 C.C.

La domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 463, ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436 

ART.803 C.C.

Le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio.

La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito al tempo della donazione.

L’art. 802 del Codice Civile recita:

La domanda di revocazione per causa d’ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.

Se il donatario si è reso responsabile di omicidio volontario in persona del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l’azione è di un anno dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione.

A parziale chiarimento delle due ipotesi previste la Cassazione ha sentenziato che:

La revocazione della donazione è rimessa ad un’iniziativa del donante ovvero dei suoi eredi ed è assoggettata ad un breve termine di decadenza, palesandosi in tal modo come la perdita di efficacia della donazione sia ricollegata ad una specifica iniziativa individuale e che il ripensamento del donante debba intervenire in un tempo contenuto, laddove a contrario la fattispecie in esame opera di diritto, ed anche laddove il de cuius abbia potuto fruire di un termine anche ampio per procedere alla revoca del precedente testamento ed ad una eventuale nuova manifestazione di volontà (si pensi al caso in cui la sopravvenienza del figlio, successiva alla redazione del testamento, preceda di vari anni la morte del testatore).

Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2018, n. 169

L’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante. Ciò posto, La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante.

Cass. civ., sez. II, ord., 10 ottobre 2018, n. 24965

L’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, tuttavia si distacca dalle previsioni degli artt. 594 e 595 c.p. e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva.

Cass. Civ. II sez. ord. 24 settembre 2018 n. 2247

L’articolo 802 del Codice Civile stabilisce un termine di prescrizione pari ad un anno a decorrere dal momento in cui il donante abbia acquisito la piena e sicura consapevolezza del compimento da parte del donatario di uno degli atti che legittimano l’esercizio del relativo diritto. (Nella specie, si è ritenuto che l’attore era decaduto dall’azione sul rilievo che il termine di cui all’art. 802 c.c. dovesse decorrere dal momento in cui, avendo in precedenza instaurato un analogo giudizio poi estinto, il donante aveva acquisito la necessaria certezza del comportamento gravemente ingiurioso tenuto nei suoi confronti dal donatario, certezza che non poteva essere esclusa dalla circostanza che tale condotta si fosse aggravata e protratta successivamente all’introduzione del precedente giudizio).

Cass. Civ. II sez. sentenza numero 1090 / 2007

Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020

DECRETO RISTORI

Art. 4.
(Sospensione delle procedure esecutive immobiliari nella prima casa)

  1. All’articolo 54-ter, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” sono sostituite dalle seguenti “fino al 31 dicembre 2020”. È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura
    civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 23.
(Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19)

  1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente […]
  1. Le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 128 del codice di procedura civile e dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale. […]
    […] 6. Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all’articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all’articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all’udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le
    conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare. 7. In deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.
    […] 9. Nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a
    tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto. 10. Le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare.

Art. 23.
(Disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19)

  1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio
    2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente.
  2. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono avvalersi di collegamenti da remoto, individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, per
    compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, salvo che il difensore della persona sottoposta alle indagini si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza. Le persone chiamate a partecipare all’atto sono tempestivamente invitate a
    presentarsi presso l’ufficio di polizia giudiziaria più vicino al luogo di residenza, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell’atto in presenza di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell’atto avviene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore. Il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dal proprio
    studio, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assistito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell’impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale. La partecipazione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 4. Con le medesime modalità di cui al
    presente comma il giudice può procedere all’interrogatorio di cui all’articolo 294 del codice di procedura penale.
  3. Le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 128 del codice di procedura civile e dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale.
  4. La partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si
    applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di 11 cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Il comma 9 dell’articolo 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è abrogato.
  5. Le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero
    della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione giorno, ora e modalità del collegamento. I difensori attestano l’identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, partecipano all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. In caso di custodia dell’arrestato o del fermato in uno dei luoghi indicati dall’articolo
    284, comma 1, del codice di procedura penale, la persona arrestata o fermata e il difensore possono partecipare all’udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile. In tal caso, l’identità
    della persona arrestata o formata è accertata dall’ufficiale di polizia giudiziaria presente. L’ausiliario del giudice partecipa all’udienza dall’ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d’udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell’impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscrivere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell’articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle discussioni di cui agli articoli 441 e 523 del codice di procedura penale e, salvo che le parti vi consentano, alle udienze preliminari e dibattimentali.
  6. […]
  7. […]
  8. Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale la Corte di cassazione procede in Camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale. Entro il
    quindicesimo giorno precedente l’udienza, il procuratore generale formula le sue richieste con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di posta elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l’atto contenente le
    richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelleria della corte a mezzo di posta elettronica certificata, le conclusioni. Alla deliberazione si procede con le modalità di cui al
    comma 9; non si applica l’articolo 615, comma 3, del codice di procedura penale e il dispositivo è comunicato alle parti. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 del codice di procedura penale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria. Le previsioni di cui al presente comma non si applicano ai procedimenti per i quali l’udienza di trattazione ricade entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Per i procedimenti nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.
  9. Nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a
    tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il
    prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.9. Nei
    procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il
    luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimenti penali le disposizioni di cui al presente
    comma non si applicano alle deliberazioni conseguenti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.
  10. Le disposizioni di cui al presente articolo, nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in quanto compatibili, si applicano altresì ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare.

Art. 24.
(Disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e
istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19)

  1. In deroga a quanto prevista dall’articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale
    presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel decreto stesso, anche in deroga alle previsioni
    del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
    febbraio 2010, n. 24. Il deposito degli atti si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento.
  2. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, saranno indicati gli ulteriori atti per quali sarà reso possibile il deposito telematico nelle modalità di cui al comma 1.
  3. Gli uffici giudiziari, nei quali è reso possibile il deposito telematico ai sensi dei commi 1 e 2, sono autorizzati all’utilizzo del portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte del Direttore generale dei servizi informativi automatizzati.
  4. Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei
    sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio.
  5. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l’atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo
    cartaceo provvede, altresì, all’inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell’ufficio. 6. Per gli atti di cui al comma 1 e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 2 l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge.

Art. 25.
(Misure urgenti relative allo svolgimento del processo amministrativo)

  1. Le disposizioni dei periodi quarto e seguenti del comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 25 giugno 2020, n. 70, si applicano altresì alle udienze pubbliche e alle camere di consiglio del Consiglio di Stato, del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e dei tribunali amministrativi regionali che si svolgono dal 9 novembre 2020 al 31 gennaio 2021 e, fino a tale ultima data, il decreto di cui al comma 1 dell’articolo 13 dell’allegato 2 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, prescinde dai pareri previsti dallo
    stesso articolo 13.
  2. Durante tale periodo, salvo quanto previsto dal comma 1, gli affari in trattazione passano in decisione, senza discussione orale, sulla base
    degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Restano fermi i poteri presidenziali di rinvio degli affari e di modifica della composizione
    del collegio.
  3. Per le udienze pubbliche e le camere di consiglio che si svolgono tra il 9 e il 20 novembre 2020, l’istanza di discussione orale, di cui al quarto periodo dell’articolo 4 del decreto-legge n. 28 del 2020, può essere presentata fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza pubblica o camerale.

Art. 26.
(Disposizioni in materia di giudizio contabile nonché misure urgenti relative allo
svolgimento delle adunanze e delle udienze del processo contabile durante
l’ulteriore periodo di proroga dello stato di emergenza epidemiologica)

  1. Ferma restando l’applicabilità dell’art. 85 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito in L. 24 aprile 2020 n. 27, come modificato dell’art. 26-ter del decreto legge 14 agosto n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020 n. 126, per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo
    svolgimento e sui tempi delle attività istituzionali della Corte dei conti, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, le adunanze e le udienze dinanzi alla Corte dei conti alle quali è ammessa la presenza del pubblico si celebrano a porte chiuse ai sensi dell’art. 91, comma 2, del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.

Art. 27.
(Misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario)

  1. Fino alla cessazione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da Covid-19, ove sussistano divieti, limiti, impossibilità di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale conseguenti al predetto stato di emergenza ovvero altre situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica o dei soggetti a vario titolo interessati nel processo tributario, lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto è autorizzato, secondo la rispettiva competenza, con decreto motivato del presidente della Commissione tributaria provinciale o regionale da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per un’udienza pubblica o una camera di consiglio. I decreti possono disporre che le udienze e le camere di consiglio si svolgano anche solo parzialmente da remoto, ove le dotazioni informatiche della giustizia tributaria lo consentano e nei limiti delle risorse tecniche e finanziarie disponibili. In tutti i casi in cui sia disposta la discussione da remoto, la segreteria comunica alle parti, di regola, almeno tre giorni prima della trattazione, l’avviso dell’ora e delle modalità di collegamento. Si dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e la libera volontà delle parti, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali. I verbali redatti in occasione di un collegamento da remoto e i provvedimenti adottati in esito a un collegamento da remoto si intendono assunti presso la sede dell’ufficio giudiziario.
  2. In alternativa alla discussione con collegamento da remoto, le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla
    data fissata per la trattazione. I difensori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti. Nel caso in cui sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto, si procede mediante trattazione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell’udienza per memorie di replica. Nel caso in cui non sia possibile garantire il rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini. In caso di trattazione scritta le parti sono considerate presenti e i provvedimenti si intendono comunque assunti presso la sede dell’ufficio.
  3. I componenti dei collegi giudicanti residenti, domiciliati o comunque dimoranti in luoghi diversi da quelli in cui si trova la commissione di appartenenza sono esonerati, su richiesta e previa comunicazione al Presidente di sezione interessata, dalla partecipazione alle udienze o camere di consiglio da svolgersi presso la sede della Commissione interessata.
  4. Salvo quanto previsto nel presente articolo, le modalità di svolgimento delle udienze da remoto sono disciplinate ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge dicembre 2018, n. 136.

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