Tende e verande

L’ordinanza della Cassazione, sezione II civile, 7622 del 23 marzo 2024, al di là delle vicende processuali che vi fanno da corollario (per le quali, gli apprezzamenti sul fatto nono sono sindacabili in sede di legittimità), respinge il ricorso presentato dal proprietario della villetta che aveva installato la tenda da sole, richiamando i principi sanciti dell’applicazione della distanza minima di 3 metri prevista dall’articolo 907, terzo comma, Codice civile.

I giudici di merito e di legittimità, nel qual caso, hanno enfatizzato la consistenza dei nuovi volumi generati dalle strutture fisse, unitamente alla tenda scorrevole, poste in prossimità della soglia dei balconi e, come tali, li hanno ritenuti suscettibili di minarne anche la sicurezza del proprietario dell’appartamento sovrastante. Nulla da fare, pertanto, per le tende esterne di nuova generazione, se non c’è consenso preventivo.

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Utilizzo e proprietà del condotto fognario.

Con Sentenza 7 febbraio 2024, n. 240, il Tribunale di Ragusa ha stabilito che, nel contesto condominiale, i condotti fognari sono considerati dalla legge parti comuni dell’edificio e sono oggetto di proprietà comune.
In particolare, sulla base di quanto previsto dall’ art. 1102, C.c., ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché:

  • non ne alteri la destinazione;
  • non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

© Allin Condominio e locazione

Condominio: installazione di colonnina per la ricarica autoveicolo

L’installazione delle colonnine di ricarica elettrica in condominio è normata dall’art. 17-quinquies del Decreto legge 83/2012 rubricato “Semplificazione dell’attività edilizia e diritto ai punti di ricarica”, il quale stabilisce che:

Fatto salvo il regime di cui all’articolo 1102 del codice civile, le opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli in edifici in condominio sono approvate dall’assemblea di condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile.

Nel caso in cui la maggioranza richiesta in sede di assemblea non venisse raggiunta, il condomino interessato all’installazione delle colonnine elettriche (così come il gruppo di condòmini interessati), può decidere di procedere all’installazione a proprie spese. Difatti, l’art. 1102 c.c. riconosce a ciascun condomino la possibilità di usare le aree comuni per i propri scopi purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condòmini il pari uso. Se successivamente altri condòmini dovessero cambiare idea, potranno fruire dei vantaggi derivanti dall’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera realizzata.

Quindi non può essere vietato ai condomini comproprietari di uno spazio utilizzato per parcheggio dei veicoli l’istallazione a proprie spese di una o più colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. L’utilizzo dello spazio, però, non può essere precluso ai restanti condomini se non a seguito di delibera autorizzativa di destinazione del detto spazio ad esclusivo uso dei veicoli elettrici in carica.

La mancata esecuzione dei lavori da parte dell’appaltatore comporta la restituzione al condominio della quota del bonus facciate già corrisposta (Sentenza 2 ottobre 2023, n. 3756, il Tribunale di Torino ).

Nella sentenza in commento, il Tribunale di Torino ha stabilito che, laddove l’inadempimento non derivi da un giustificato motivo, il Committente ha il diritto di recedere dal contratto; diritto di recesso che è stato esercitato dal Condominio attraverso lo strumento della diffida ad adempiere. Qualora siano state versate delle somme per l’esecuzione delle opere pattuite, queste devono esser restituite dalla parte inadempiente, anche nel caso in cui tali somme afferiscano ad un bonus fiscale, come il bonus facciate al 90%. Inoltre, poiché per accedere alla citata agevolazione sono necessari determinati adempimenti i quali comportano dei costi per il Contribuente, il Tribunale ha disposto anche la restituzione delle somme spese per il sostenimento di tali oneri strettamente connessi alla detrazione fiscale in oggetto.

Il Tribunale di Torino ha accolto le doglianze di parte attrice, ritenendo legittimo l’esercizio del diritto di recesso in caso di inadempimento per la mancata esecuzione del contratto da parte della società appaltatrice. In tale prospettiva, il contratto si intende risolto; conseguentemente, viene disposta la restituzione delle somme versate dal Condominio relativamente ai lavori oggetto della scrittura privata fra le parti. Fra di esse vi è anche il 10% del bonus facciate, nonché le altre spese sostenute per avere i requisiti necessari ad accedere alla detrazione fiscale. 

Fonte © All-in condominio e locazione 2023

Costituzione condominio

Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione con riguardo ai beni indicati dall’art. 1117 cod. civ., occorre far riferimento all’atto costitutivo del Condominio, cioè al primo atto di trasferimento immobiliare dall’unico originario proprietario ad altro soggetto, indagando se da esso emerga o no la volontà delle parti di riservare ad uno dei condomini o all’originario proprietario la proprietà dei beni che, per struttura e per ubicazione, siano potenzialmente destinati all’uso comune.

App. Roma 12 ottobre 2023, n. 6529

©banca dati SEAC

Incremento di valore della quota di contribuzione

L’ordinanza della seconda sezione della Corte di Cassazione n. 20888 del 18/07/2023, ha affermato che è nulla la deliberazione dell’assemblea di condominio approvata a maggioranza con cui si stabilisca, “per una unità immobiliare adibita ad uso ufficio ed in ragione dei disagi da essa provocati, un incremento forfetizzato della quota di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di ascensore, sul presupposto della più consistente utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, in quanto la modifica del criterio legale dettato dall’art. 1124 c.c. (il quale già consente di tener conto del più intenso uso in proporzione all’altezza dei piani) richiede il consenso di tutti i condomini, e perciò una convenzione, non essendo comunque applicabile alle spese per il funzionamento dell’ascensore il criterio di riparto in base all’uso differenziato previsto dal comma 2 dell’art. 1123 c.c.”.
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Utilizzo privato del bene comune

Trib. Bergamo 12/07/2023 – n. 1544

La pronuncia in oggetto, oltre a definire il caso di specie ritenendo legittime le modifiche apportate al tetto mediante l’installazione dei pannelli fotovoltaici su una falda, ribadisce le condizioni poste dall’art. 1102 c.c. per servirsi della cosa comune.

Esse si sostanziano nel:

  1. divieto di alterazione della destinazione d’uso;
  2. consentire, comunque, un uso paritetico del bene da parte degli altri condomini.

Con riferimento al primo requisito, a quanto consta non si riscontrano particolari difficoltà interpretative, dovendosi valutare come sussistente il mancato rispetto del divieto di alterazione laddove le modifiche apportate dal singolo pregiudichino, fino addirittura a renderla impossibile, l’originaria funzione della parte comune. Con riguardo invece al secondo requisito, così come del resto precisato anche dalla giurisprudenza di legittimità richiamata nella stessa sentenza oggetto di commento, è necessario intendere il pari uso in maniera potenziale e non nel senso di assoluta parità in concreto. Diversamente ragionando, infatti, ad ogni partecipante sarebbe vietato un utilizzo più intenso della cosa comune, anche laddove il predetto uso non alterasse e non pregiudicasse, nella sostanza ed in concreto, la possibilità degli altri condomini di servirsene ugualmente e liberamente.

Rispettate allora le condizioni dettate dalla norma, il singolo condomino non è onerato nel chiedere una preventiva autorizzazione assembleare in relazione alle modifiche che intende apportare alla cosa comune per un suo più agevole utilizzo, a condizione che si tratti pur sempre di modifiche ex art. 1102 c.c. e non di innovazioni di cui all’art. 1120 c.c., per le quali è invece sempre necessaria una delibera da parte dell’assemblea condominiale.

Alla luce di quanto esposto è possibile concludere che è diritto di ogni condomino servirsi della cosa comune anche in maniera più intensa rispetto agli altri, nel caso in cui dalle sue modifiche non ne derivi il mutamento della destinazione d’uso del bene e sia comunque consentito il “pari uso” potenziale da parte degli altri partecipanti. Ne deriva pertanto che tale diritto sussiste nella misura in cui non si cagiona una lesiva invadenza degli uguali ed opposti diritti degli altri inquilini, da valutarsi tuttavia in concreto e non in termini di assoluta parità. Al ricorrere dei citati requisiti, il singolo condomino potrà dunque modificare la cosa comune al fine di un suo più comodo utilizzo, senza che ciò debba essere preventivamente autorizzato dall’assemblea. Infatti, la maggioranza assembleare non ha il potere di impedire siffatto uso, potendolo – al massimo – solo disciplinare. Sarà dunque unicamente in presenza di un regolamento condominiale di natura contrattuale approvato all’unanimità che si potrà derogare a quanto disposto dall’art. 1102 c.c. Ne deriva pertanto che, qualora il condominio non sia dotato del predetto strumento negoziale, non potrà contestarsi l’uso più intenso della cosa comune da parte di un singolo condomino se ciò non travalica i confini normativamente stabiliti ma si estrinseca esclusivamente nell’esercizio in concreto di un diritto soggettivo.

Tratto da un articolo della banca dati All-In.

Istituzione di un fondo cassa da parte del condominio

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nella sua sentenza numero 3132 del luglio 2023 ha rispolverato una sentenza della Suprema Corte secondo cui Appartiene al potere discrezionale dell’assemblea e non pregiudica né l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma – perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio – l’istituzione di un “fondo-cassa” per le spese di ordinaria manutenzione e conservazione dei beni comuni” (Cass. civ., sez. II, 11 agosto 2016, n. 17035).

Fonte BD SEAC

Locazione turistica in condominio.

Quando il regolamento di condominio non elenca delle disposizioni che vietano l’esercizio di determinate attività (come ad es. uffici, pensioni, case famiglia….) e non rimanda a pregiudizi specifici che si intendono evitare (tranquillità, signorilità dell’edificio) che, comunque, non vieti l’utilizzo dei singoli appartamenti per sfruttamento turistico/ricettizio, può essere di supporto l’articolo 844 del codice di rito che prevede : “ll proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi“.

In merito la Suprema Corte ha evidenziato alcuni criteri per valutare il limite di tollerabilità quali

a. della situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, in base all’attività svolta normalmente in quel

determinato contesto;

b. della sensibilità del c.d. uomo medio;

c. della tutela del diritto alla salute, protetto in via diretta e primaria dalla Costituzione;

d. della priorità dell’uso, che pur costituisce un criterio secondario“.

La sentenza numero 3090 del 1993 ha stabilito che

deve aversi riguardo, per desumere il criterio di valutazione della normale

tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla

destinazione assegnata all’edificio dalle disposizione urbanistiche o, in mancanza,

dai proprietari; in particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una

funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad

un tempo ad abitazione e ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale, cui

è informato l’art. 844 c.c., impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di

natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi

costituzionali le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle

utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali“.

L’amministratore di condominio è legittimato a partecipare alla mediazione anche senza delibera assembleare autorizzativa.

L’art. 2, co. 2 D. Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia), ha introdotto il nuovo articolo 5-ter al decreto Legislativo 28/2010, in forza del quale «[…] L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi […]».

La nuova previsione introduce dunque una nuova legittimazione processuale (di fonte legale) in capo all’amministratore condominiale a partecipare alla procedura di mediazione.

L’amministratore, dunque, non sarà più condizionato nella partecipazione al procedimento di mediazione dal previo ottenimento di una delibera autorizzativa, ma potrà attivare, aderire e partecipare alla mediazione essendovi legittimato ex lege.

Il nuovo testo normativo, di fatto, recepisce e amplia un orientamento da anni avallato dalla giurisprudenza maggioritaria (ex multis, Cass. n. 1451/2014; Cass. n. 27292/2005): si ponga mente, infatti, al principio confermato anche di recente dalla Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza 28 luglio 2022 n. 914, secondo il quale l’amministratore di condominio può nominare un avvocato del condominio anche senza una previa delibera di autorizzazione dell’Assemblea, derivando tale potere dal più generale dovere di tutelare il condominio contro le azioni intraprese da terzi.

Fonte Cassa Forense