Costituzione condominio

Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione con riguardo ai beni indicati dall’art. 1117 cod. civ., occorre far riferimento all’atto costitutivo del Condominio, cioè al primo atto di trasferimento immobiliare dall’unico originario proprietario ad altro soggetto, indagando se da esso emerga o no la volontà delle parti di riservare ad uno dei condomini o all’originario proprietario la proprietà dei beni che, per struttura e per ubicazione, siano potenzialmente destinati all’uso comune.

App. Roma 12 ottobre 2023, n. 6529

©banca dati SEAC

Incremento di valore della quota di contribuzione

L’ordinanza della seconda sezione della Corte di Cassazione n. 20888 del 18/07/2023, ha affermato che è nulla la deliberazione dell’assemblea di condominio approvata a maggioranza con cui si stabilisca, “per una unità immobiliare adibita ad uso ufficio ed in ragione dei disagi da essa provocati, un incremento forfetizzato della quota di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di ascensore, sul presupposto della più consistente utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, in quanto la modifica del criterio legale dettato dall’art. 1124 c.c. (il quale già consente di tener conto del più intenso uso in proporzione all’altezza dei piani) richiede il consenso di tutti i condomini, e perciò una convenzione, non essendo comunque applicabile alle spese per il funzionamento dell’ascensore il criterio di riparto in base all’uso differenziato previsto dal comma 2 dell’art. 1123 c.c.”.
©Condominio24ore

Utilizzo privato del bene comune

Trib. Bergamo 12/07/2023 – n. 1544

La pronuncia in oggetto, oltre a definire il caso di specie ritenendo legittime le modifiche apportate al tetto mediante l’installazione dei pannelli fotovoltaici su una falda, ribadisce le condizioni poste dall’art. 1102 c.c. per servirsi della cosa comune.

Esse si sostanziano nel:

  1. divieto di alterazione della destinazione d’uso;
  2. consentire, comunque, un uso paritetico del bene da parte degli altri condomini.

Con riferimento al primo requisito, a quanto consta non si riscontrano particolari difficoltà interpretative, dovendosi valutare come sussistente il mancato rispetto del divieto di alterazione laddove le modifiche apportate dal singolo pregiudichino, fino addirittura a renderla impossibile, l’originaria funzione della parte comune. Con riguardo invece al secondo requisito, così come del resto precisato anche dalla giurisprudenza di legittimità richiamata nella stessa sentenza oggetto di commento, è necessario intendere il pari uso in maniera potenziale e non nel senso di assoluta parità in concreto. Diversamente ragionando, infatti, ad ogni partecipante sarebbe vietato un utilizzo più intenso della cosa comune, anche laddove il predetto uso non alterasse e non pregiudicasse, nella sostanza ed in concreto, la possibilità degli altri condomini di servirsene ugualmente e liberamente.

Rispettate allora le condizioni dettate dalla norma, il singolo condomino non è onerato nel chiedere una preventiva autorizzazione assembleare in relazione alle modifiche che intende apportare alla cosa comune per un suo più agevole utilizzo, a condizione che si tratti pur sempre di modifiche ex art. 1102 c.c. e non di innovazioni di cui all’art. 1120 c.c., per le quali è invece sempre necessaria una delibera da parte dell’assemblea condominiale.

Alla luce di quanto esposto è possibile concludere che è diritto di ogni condomino servirsi della cosa comune anche in maniera più intensa rispetto agli altri, nel caso in cui dalle sue modifiche non ne derivi il mutamento della destinazione d’uso del bene e sia comunque consentito il “pari uso” potenziale da parte degli altri partecipanti. Ne deriva pertanto che tale diritto sussiste nella misura in cui non si cagiona una lesiva invadenza degli uguali ed opposti diritti degli altri inquilini, da valutarsi tuttavia in concreto e non in termini di assoluta parità. Al ricorrere dei citati requisiti, il singolo condomino potrà dunque modificare la cosa comune al fine di un suo più comodo utilizzo, senza che ciò debba essere preventivamente autorizzato dall’assemblea. Infatti, la maggioranza assembleare non ha il potere di impedire siffatto uso, potendolo – al massimo – solo disciplinare. Sarà dunque unicamente in presenza di un regolamento condominiale di natura contrattuale approvato all’unanimità che si potrà derogare a quanto disposto dall’art. 1102 c.c. Ne deriva pertanto che, qualora il condominio non sia dotato del predetto strumento negoziale, non potrà contestarsi l’uso più intenso della cosa comune da parte di un singolo condomino se ciò non travalica i confini normativamente stabiliti ma si estrinseca esclusivamente nell’esercizio in concreto di un diritto soggettivo.

Tratto da un articolo della banca dati All-In.

Istituzione di un fondo cassa da parte del condominio

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nella sua sentenza numero 3132 del luglio 2023 ha rispolverato una sentenza della Suprema Corte secondo cui Appartiene al potere discrezionale dell’assemblea e non pregiudica né l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma – perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio – l’istituzione di un “fondo-cassa” per le spese di ordinaria manutenzione e conservazione dei beni comuni” (Cass. civ., sez. II, 11 agosto 2016, n. 17035).

Fonte BD SEAC

Locazione turistica in condominio.

Quando il regolamento di condominio non elenca delle disposizioni che vietano l’esercizio di determinate attività (come ad es. uffici, pensioni, case famiglia….) e non rimanda a pregiudizi specifici che si intendono evitare (tranquillità, signorilità dell’edificio) che, comunque, non vieti l’utilizzo dei singoli appartamenti per sfruttamento turistico/ricettizio, può essere di supporto l’articolo 844 del codice di rito che prevede : “ll proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi“.

In merito la Suprema Corte ha evidenziato alcuni criteri per valutare il limite di tollerabilità quali

a. della situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, in base all’attività svolta normalmente in quel

determinato contesto;

b. della sensibilità del c.d. uomo medio;

c. della tutela del diritto alla salute, protetto in via diretta e primaria dalla Costituzione;

d. della priorità dell’uso, che pur costituisce un criterio secondario“.

La sentenza numero 3090 del 1993 ha stabilito che

deve aversi riguardo, per desumere il criterio di valutazione della normale

tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla

destinazione assegnata all’edificio dalle disposizione urbanistiche o, in mancanza,

dai proprietari; in particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una

funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad

un tempo ad abitazione e ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale, cui

è informato l’art. 844 c.c., impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di

natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi

costituzionali le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle

utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali“.

L’amministratore di condominio è legittimato a partecipare alla mediazione anche senza delibera assembleare autorizzativa.

L’art. 2, co. 2 D. Lgs. 149/2022 (Riforma Cartabia), ha introdotto il nuovo articolo 5-ter al decreto Legislativo 28/2010, in forza del quale «[…] L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi […]».

La nuova previsione introduce dunque una nuova legittimazione processuale (di fonte legale) in capo all’amministratore condominiale a partecipare alla procedura di mediazione.

L’amministratore, dunque, non sarà più condizionato nella partecipazione al procedimento di mediazione dal previo ottenimento di una delibera autorizzativa, ma potrà attivare, aderire e partecipare alla mediazione essendovi legittimato ex lege.

Il nuovo testo normativo, di fatto, recepisce e amplia un orientamento da anni avallato dalla giurisprudenza maggioritaria (ex multis, Cass. n. 1451/2014; Cass. n. 27292/2005): si ponga mente, infatti, al principio confermato anche di recente dalla Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza 28 luglio 2022 n. 914, secondo il quale l’amministratore di condominio può nominare un avvocato del condominio anche senza una previa delibera di autorizzazione dell’Assemblea, derivando tale potere dal più generale dovere di tutelare il condominio contro le azioni intraprese da terzi.

Fonte Cassa Forense

Di chi è il sottotetto?

(Cass. civ. n. 10269/2023)

Cassazione entra nel campo delle proprietà condominiale ribadendo che quando il denominato sottotetto ha dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo e non come vano un mero vano tecnico, con funzioni i isolamento termico e quando il vano non vi è un titolo chiarificatore (elemento principale per declararne la proprietà), è da considerarsi condominiale.

Scrive la Suprema Corte: “il vano sottotetto è di proprietà del Condominio, quando ha dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo e oggettiva destinazione concreta, sia pure in via solo potenziale, all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune. La presunzione di condominialità, infatti, trova applicazione ogniqualvolta, nel silenzio del titolo, il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi.”

Pertanto innanzitutto va stabilito se esiste un titolo che assegna la proprietà (atto pubblico e/o regolamento di condominio) poi va vita la destinazione la struttura del vano.

@ Avv. Pietro Saija 2023

Obbligatoria la costituzione di un fondo speciale per lavori straordinari condominiali

Con Ordinanza numero 9388 del 5 aprile 2023 la Corte di Cassazione ha utilizzato lo strumento della nullità per tutte quelle delibere di approvazione di lavori straordinari privi della copertura finanziaria prevista dall’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. (post riforma).

Stabilisce infatti la Suprema Corte che una deliberazione assembleare non può avere un contenuto contrario all’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., decidendo di soprassedere dall’allestimento del fondo stesso o modificandone le modalità di costituzione stabilite dalla legge, pur in presenza del consenso dell’appaltatore, in quanto tale decisione si pone come potenzialmente pregiudizievole per ciascuno dei partecipanti al condominio, oltre che per le esigenze di gestione condominiale, e perciò deve ritenersi nulla. Ne discende la nullità della delibera che approvi l’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria o di innovazioni senza la previa costituzione del fondo speciale di cui al predetto art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.

Ripartizione delle spese per la coibentazione del tetto

Il Tribunale di Trento ha ribadito un concetto a pochi chiaro. La ripartizione delle spese del tetto va fatta secondo le tabelle millesimali. Questo proprio perchè tra tutte le funzioni del tetto vi è quella di “proteggere l’intero edificio da tutti gli agenti atmosferici, quindi anche dal caldo e dal freddo, nella prassi giurisprudenziale di legittimità si è avuto modo di precisare (in ordine a una fattispecie simile a quella di causa, essendosi anche in quel caso dedotto dalla parte impugnante che le spese relative all’isolamento termico del tetto dovevano essere poste a carico dei soli proprietari degli ultimi piani, essendo gli unici a beneficiarne), con argomentazioni qui condivise, che non è possibile distinguere la parte del tetto costituente la copertura esterna del fabbricato, da quella sottostante destinata ad assicurare l’isolamento termico e che quindi non può applicarsi per la ripartizione delle spese necessarie per il rifacimento e la manutenzione di quest’ultima una disciplina diversa da quella stabilita per l’altra (in tal senso, v Cass., n. 4403/99, ove, fra l’altro, è stata richiamata la già citata Cass., n. 11423/90)“. La sentenza riportata ha quindi rigettato il ricorso proposto disponendo che le spese siano ripartite secondo quanto stabilito dall’articolo 1123 del codice civile.

SENTENZA

Data Ud. : 27 mag 2014

Estensore: Giuseppe Barbato

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato la società Grand Hotel Des Alpes S.n.c.,) con sede in San Martino di Castrozza, via Passo Rolle n. 118, in persona del legale rappresentante, conveniva in giudizio il Condominio Eurotel, in persona dell’amministratore pro tempore, chiedendo di dichiarare la nullità e, in subordine, di annullare la deliberazione dell’assemblea condominiale del 31 ottobre 2012 nella parte in cui era stata determinata in misura di Euro 58.479,36 la sua quota di partecipazione alla spesa sostenuta per la manutenzione straordinaria del tetto condominiale.

Premesso che con la deliberazione impugnata l’assemblea condominiale, dopo aver condiviso l’operato dell’amministratore, il quale si era determinato, ex art. 1135, 2 co., c.c., a procedere all’esecuzione di lavori di rifacimento del tetto condominiale per l’importo di Euro 121.832,00, aveva stabilito di suddividere la detta somma in base ai millesimi di proprietà, ponendo pertanto a suo carico l’importo di Euro 58.479,36 per 480 millesimi, l’attrice eccepiva l’illegittimità di tale riparto per violazione dell’art. 1123, 2 e 3 co., c.c. e comunque dei principi in materia di suddivisione delle spese di manutenzione straordinaria del tetto condominiale, rilevando al riguardo che l’unità immobiliare di sua proprietà è coperta dal tetto per meno di un quarto della sua superficie totale, essendo per il resto coperta da una terrazza/cortile di proprietà esclusiva degli altri condomini.

Parte attrice evidenziava, quindi, che la sua proprietà si trova solo parzialmente nella proiezione verticale del tetto verso il basso, sicché riceve da questo un’utilità circoscritta alla sola limitata porzione coperta; assumeva, pertanto, di non poter essere chiamata a rispondere della spesa in oggetto con tutti i suoi 480 millesimi.

La società Grand Hotel Des Alpes S.n.c. rilevava inoltre che erano stati posti a suo carico anche i costi della coibentazione del tetto, e ciò in violazione dell’art. 1123, 2 co., c.c., non ricevendo essa attrice alcun vantaggio dalla detta opera, neppure con riguardo alla minore spesa relativa al riscaldamento centralizzato, visto che non ne usufruiva.

Sul punto rappresentava, infine, che in epoca successiva alla costruzione dell’edificio e alla predisposizione delle tabelle erano state realizzate due nuove mansarde nel sottotetto, di cui le tabelle in vigore non tenevano conto.

Costituitosi in giudizio in persona del suo amministratore, il Condominio Eurotel contestava la domanda avversaria, chiedendone il rigetto.

Premesso, fra l’altro, che in data 31 ottobre 2012 l’assemblea condominiale aveva approvato, con il voto favorevole di tutti i partecipanti, all’infuori della società attrice, l’operato dell’amministratore con riguardo alla necessità e all’urgenza di eseguire i lavori di rifacimento del tetto in base alle acquisite perizie tecniche, alla scelta della ditta esecutrice, al crono-programma dell’esecuzione e al riparto dei relativi costi sulla base delle tabelle millesimali, il condominio convenuto assumeva l’inapplicabilità del 2 e del 3 co. dell’art. 1123 c.c., stante la riconducibilità della fattispecie in esame nel campo operativo del 1 co. della medesima disposizione codicistica.

Parte convenuta eccepiva altresì l’infondatezza della prospettazione dicontroparte anche in ordine alla coibentazione del tetto, trattandosi di opera che serviva a proteggerlo dal calore delle sottostanti abitazioni, al fine di prevenire inconvenienti connessi allo scivolamento della neve dalle falde per scioglimento; evidenziava inoltre che l’esecuzione dell’opera di coibentazione consentiva il conseguimento di benefici fiscali a vantaggio di tutti i condomini, stante la possibilità di recuperare il 55 % dei costi consentita dalle vigenti disposizioni in materia di risparmio energetico.

L’impugnazione della delibera assembleare proposta da parte attrice non appare fondata e va pertanto rigettata.

Va in primo luogo rilevato che, stando a quanto dedotto e documentato in atti, il tetto dell’edificio condominiale in questione funge da copertura per tutte le unità immobiliari di proprietà esclusiva, ivi compresa quella in titolarità della società attrice, ciò significando che, in ragione del disposto di cui all’art. 1117 c.c. e delle sue caratteristiche strutturali e funzionali, rientra senz’altro tra i beni comuni e che, quindi, tutti i condomini, essendone comproprietari (come peraltro confermato dall’allegata visura tavolare), sono gravati dall’obbligo di partecipare alla suddivisione delle spese necessarie per conservarne lo stato di manutenzione e per usufruirne; il che, al di là del richiamo, in citazione, anche al 3 co. dell’art. 1123 c.c. (la cui operatività può sin d’ora senz’altro escludersi, non venendo in rilievo nel caso di specie un bene comune destinato a servire soltanto alcune proprietà esclusive, ove solo si consideri che una porzione della proprietà attorea, quantificabile in misura prossima al 30 % del totale, si trova nella proiezione verso il basso del tetto in oggetto e, quindi, usufruisce della copertura assicurata dallo stesso), non appare invero controverso, risultando, in sostanza, oggetto di effettiva contestazione unicamente l’individuazione della modalità di ripartizione, assumendosi, da parte attrice, che nel caso di specie deve trovare applicazione il criterio indicato nel 2 co. dell’art. 1123 c.c..

Come già accennato nella narrativa iniziale, secondo la prospettazione svolta in citazione la società Grand Hotel Des Alpes snc – essendo proprietaria di un’unità immobiliare (costituita, come si desume dalla consulenza tecnica di parte prodotta come doc. n. 8, da un volume interrato sotto il livello del piano terra ed esteso su tutta la superficie catastale di pertinenza del mappale 629 c.c. Siror su cui sorge il Condominio Eurotel) di complessivi mq. 2.037,60, di cui soltanto una parte coincidente con la proiezione verticale del tetto verso il basso (nella detta perizia la superficie occupata in pianta dal manto di copertura del condominio Eurotel è stata quantificata in misura del 30,76 % della superficie dei locali interrati), visto che, come precisato dal tecnico di parte attrice nell’elaborato in atti, la residua superficie (pari a circa il 70 % del totale) del solaio di copertura dei locali interrati “non occupata in pianta dal volume edilizio del condominio Eurotel è utilizzata in parte come parcheggio ed in parte come area di pertinenza e passaggio verso le aree comuni ai condomini” – dovrebbe rispondere delle spese per la conservazione e il godimento del tetto, non già in ragione millesimale, ma in base all’art. 1123, 2 co., c.c., avuto riguardo, quindi, all’effettiva utilità che il detto bene comune, per come è conformato, ossia per il fatto di coprire soltanto il 30 % dell’unità interrata, è obiettivamente destinato ad arrecare a quest’ultima.

Siffatta prospettazione non appare condivisibile.

Al riguardo mette conto evidenziare che la proprietà esclusiva dell’attrice, pur essendo coperta, in misura prossima al 70 %, da un cortile/parcheggio, usufruisce, quale copertura del residuo 30 %, dell’intero tetto condominiale per tutta la sua estensione (quantificata in complessivi mq. 626,70), ciò significando che la società Grand Hotel Des Alpes si serve di tale bene comune nella sua interezza, e non soltanto di una parte di esso (come si sarebbe verificato se la proiezione verticale del tetto verso il basso non fosse rientrata interamente all’interno della area di proprietà attorea), il che di per sé induce a ritenere che la detta società non faccia un uso del tetto diverso, in termini quantitativi, da quello degli altri condomini e, quindi, a escludere la riconducibilità della fattispecie in esame nel campo applicativo del 2 co. della citata disposizione codicistica.

A tale conclusione vi è ragione di addivenire, indipendentemente dal rilievo appena esposto, anche in base al principio di diritto (che non vi è ragione di disattendere) secondo cui “in tema di condominio negli edifici, le parti dell’edificio – muri e tetti – ( art. 1117, n. 1 cod. civ.) ovvero le opere ed i manufatti – fognature, canali di scarico e simili (art. 1117 n. 3, cod. civ.) – deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, secondo e terzo comma cod. civ.” (così, da ultimo, Cass., n. 64/13; nello stesso senso Cass., n. 11423/90; non appare valorizzabile in senso contrario Cass., n. 6359/96 citata da parte attrice, in quanto si riferisce a una fattispecie concreta del tutto diversa da quella per cui è causa, visto che in quel caso le spese di rifacimento del tetto dell’edificio condominiale erano state poste a carico anche dei proprietari di un separato corpo di fabbrica soltanto perché quest’ultimo era stato ritenuto funzionalmente collegato al detto edificio, e non perché anch’esso risultava coperto dal tetto oggetto dei lavori).

Non può trovare accoglimento neppure il motivo di impugnazione della deliberazione assembleare relativo alla coibentazione del tetto.

Stante l’inscindibilità strutturale e funzionale del tetto, che è destinato a proteggere l’intero edificio, e non soltanto gli ultimi piani, da tutti gli agenti atmosferici, quindi anche dal caldo e dal freddo, nella prassi giurisprudenziale di legittimità si è avuto modo di precisare (in ordine a una fattispecie simile a quella di causa, essendosi anche in quel caso dedotto dalla parte impugnante che le spese relative all’isolamento termico del tetto dovevano essere poste a carico dei soli proprietari degli ultimi piani, essendo gli unici a beneficiarne), con argomentazioni qui condivise, che non è possibile distinguere la parte del tetto costituente la copertura esterna del fabbricato, da quella sottostante destinata ad assicurare l’isolamento termico e che quindi non può applicarsi per la ripartizione delle spese necessarie per il rifacimento e la manutenzione di quest’ultima una disciplina diversa da quella stabilita per l’altra (in tal senso, v Cass., n. 4403/99, ove, fra l’altro, è stata richiamata la già citata Cass., n. 11423/90).

Aggiungasi a ciò per mera completezza espositiva che, come persuasivamente evidenziato nella relazione tecnica depositata dal condominio, sul punto non contraddetta dal tecnico di parte attrice nell’elaborato prodotto come doc. n. 8, la coibentazione è stata eseguita anche al fine di evitare dispersioni termiche provenienti dall’interno del fabbricato e, di conseguenza, lo scioglimento e lo scivolamento degli strati nevosi, nonché il loro accumulo nella parte più debole dello sporto, ciò significando che dal lavoro in contestazione hanno comunque tratto vantaggio tutti i condomini, e non soltanto i proprietari delle abitazioni sottotetto.

Alla luce dei rilievi svolti non appare dunque legittimo addivenire a una ripartizione della spesa oggetto dell’impugnata delibera assembleare provvedendo alla preventiva detrazione dell’intero importo riferibile all’opera di coibentazione.

Ai fini della definizione del presente giudizio non assume, infine, alcun rilievo neppure la realizzazione, dopo la costruzione dell’edificio, di due nuove mansarde abitabili, trattandosi di circostanza di fatto eventualmente da dedurre a sostegno di una richiesta di modifica delle tabelle millesimali (che peraltro, stando a quanto dedotto in, atti, costituisce oggetto di separato e distinto giudizio tuttora pendente tra le stesse parti), di talché, nel ripartire i costi di rifacimento del tetto, l’assemblea condominiale non poteva che applicare le tabelle all’epoca vigenti.

Per tutto quanto detto l’impugnazione della delibera assembleare del 31 ottobre 2012 deve essere rigettata.

Le spese di lite, liquidate (ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, essendosi l’attività difensiva esaurita nella vigenza di tale testo normativo) come da dispositivo (tenendo conto che l’attività istruttoria è consistita nella sola acquisizione documentale e che nelle memorie conclusionali non sono state affrontate questioni ulteriori e diverse da quelle trattate nei precedenti scritti difensivi), devono gravare sulla parte attrice in quanto soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa proposta dalla società Grand Hotel Des Alpes S.n.c., con sede in San Martino di Castrozza, via Passo Rolle n. 118, in persona del legale rappresentante, nei confronti del Condominio Eurotel, con sede in San Martino di Castrozza, frazione di Siror, via Passo Rolle n. 150, in persona dell’amministratore pro tempore, disattesa ogni contraria domanda, istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:

– rigetta le domande di parte attrice;

– condanna parte attrice a rifondere alla parte convenuta le spese di lite, che liquida in Euro 7.625,00 per compenso di difesa, oltre rimborso spese forfetarie e accessori di legge.